SCRITTI D'ARTE

 







 






 

 


Tale e quale
In mostra ventisette opere prodotte tra il 2014 e il 2015. Lavori realizzati partendo dalle parole e dai giochi che con esse si possono inventare. La didascalia, da sempre nella mia ricerca parte integrante dell’opera, diviene nell’ultimo ciclo in mostra nella personale intitolata Tale e quale esclusivo pretesto per la realizzazione di ogni singolo lavoro. Tautologie, l’opera tale e quale alla didascalia.

Non è a ben vedere una novità nelle arti visive: basta sfogliare un manuale di Storia dell’Arte per vedere quanto molto spesso siano stati usati titoli come Paesaggio, Natura morta, Ritratto, Marina, Nudo, titoli che rispecchiano esattamente l’argomento dell’opera che da essi non viene, quindi, in alcun modo condizionata. Più articolato in questa mostra il ruolo della didascalia che in qualche modo pretende semplicemente, perché origine della stessa, di essere tale quale all’opera ma che diviene, invece, immediatamente la causa di una complessità concettuale che, come è già capitato nelle mostre precedenti coinvolge immediatamente lo spettatore. Tutto questo perché, se negli esempi citati la didascalia risolveva, con un solo inequivocabile vocabolo, il problema del titolo dichiarando esattamente ciò che il quadro rappresentava, nei lavori in mostra lo fa utilizzando il gioco di parole, il doppio senso e quello che Marina Mizzau ha definito “alone semantico”, proprietà di ogni singola parola che ne fa mutare il significato a seconda del contesto in cui è inserita. Caratteristica fondamentale, una di quelle secondo la studiosa, che consente la produzione di un discorso ironico e più in generale dell’ironia.

Non solo, le didascalie sono state redatte attraverso una “scrittura ricreativa”, direbbe Paolo Albani. E’ questo il caso, per citarne solo una, dell’opera Fare leva su un’antica credenza per realizzare un’opera di modeste dimensioni nella quale il problema, che diviene metodo di realizzazione, dell’opera che deriva tautologicamente dalla stessa didascalia è risolto ponendo su un piano una credenza blu e alla sua base, proprio sotto tra i piedi a cipolla, il braccio di una leva che poggia su un fulcro. L’opera da realizzare, anche se le parole e la loro successione ingannano facendo ipotizzare qualcos’altro, è proprio l’opera in questione, quella che sta di fronte allo spettatore, un piccolo formato di quelli da me preferiti.
Lino Fois


 



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