SCRITTI D'ARTE

 







 






 

 


Boxes
L’idea che ha portato alla realizzazione della serie di opere intitolata Boxes è in realtà molto semplice, si trattava di mettere in scatola qualcosa che per dimensioni o per immaterialità non poteva essere in nessun modo appunto inscatolato o che al contrario fosse tanto bello quanto impossibile da conservare in una scatola. Il contenuto di ogni scatola è dichiarato dalla didascalia e dalla scatola stessa che nella sua forma rimanda al contenuto stesso. Nella scatola Contiene trecentosessantacinque giorni di felicità rinnovabili ad ogni Capodanno il riferimento è affidato ai petardi esplosi visibili nell’intercapedine protetta da un vetro del suo coperchio. L’intero volume sotto l’intercapedine è occupato dai giorni di felicità. La didascalia, da sempre nel mio lavoro parte integrante dell’opera è anche generatrice della stessa ed è stata redatta come un piccolo componimento, un racconto breve alla Italo Calvino. Nel dettaglio, in ogni singola opera, sono presenti elementi comuni a tutta la mia produzione: la falsa scrittura solo significante, la fotografia da album di famiglia che ritrae persone e luoghi a cui do una nuova identità, piccoli objet trouvé, elementi grafico calligrafici, pentagrammi con false scritture musicali, colori acrilici, inchiostro e carte antiche. Tutte le opere sono di piccolo formato, quello da me preferito perché a me congeniale e perché, a mio parere, permette di avvicinare lo spettatore facendolo diventare esso stesso, grazie anche alla didascalia, parte integrante dell’opera che diviene, a cominciare dalla serie Rebus, passando dai Carillon, in questo modo interattiva. Ogni mio ciclo di lavori sta tra il serio e il faceto ed in essi unisco sempre il sacro con il profano, ultimamente credo ancora di più che l’ironia e il proporre qualcosa che potrebbe essere definito assurdo o demenziale dichiari una diversità di pensiero che si oppone alla dilagante omologazione, una dichiarazione di diversità che ridicolizza i luoghi comuni del potere sociale e politico. Improvvisando come faccio sempre sul tema ho prodotto tra il 2010 e il 2011 questi diciassette lavori:

Contiene una passeggiata dell'Uomo gomma
Contiene trecentosessantacinque giorni di felicità rinnovabili ad ogni Capodanno
Contiene le matite più bizzarre della quinta A
Contiene una brezza di vento venuta dal mare
Contiene un numero indefinito di splendide idee
Contiene il tenero senso del pudore di Carla
Contiene l'anima morbida di Vladimiro, robot poeta di mezza età
Contiene quaranta parole ingannate da un pennino dispettoso
Contiene il rimpianto per non aver mai conosciuto Anna
Contiene dodici nuvole primaverili sciolte in pioggia
Contiene il cuore di Jonny il fachiro triste di Tivoli
Contiene l'irresistibile voglia di sciare di Giannino
Contiene l’immagine del mondo rovesciata
Contiene un giardino Zen con un laghetto pieno pieno di pesciolini dorati

Contiene il “Coccodrillo giallo” e tante altre canzoni dello Zecchino d'oro cantate piuttosto bene

Tutte le scatole sono accuratamente sigillate per rendere credibile l’azione messa in atto, quella che stava portando a conservare qualcosa in un contenitore e per far accettare allo spettatore, ricordando una vecchia pubblicità, “a scatola chiusa”, quanto da me dichiarato riguardo al loro contenuto. Tutto ha funzionato come sperato per cui durante la mostra gli spettatori hanno creduto ai contenuti delle mie scatole ed alternando sorrisi ad espressioni di velata malinconia hanno arricchito con i loro pensieri e racconti quando da me proposto, esattamente come ho fatto io riflettendo dopo sul mio lavoro.
L’accettazione del gioco da me proposto è sicuramente dovuto allo stesso meccanismo che ci fa vivere quanto raccontato nella finzione romanzesca, quello che ci porta, leggendo Ventimila leghe sotto i mari, a condividere insieme al capitano Nemo e al suo equipaggio la vita nel Nautilus ed a preoccuparci con loro durante l’attacco della piovra gigante, ma per quanto riguarda contenitori e loro contenuti abbiamo, a mio parere, lo stesso comportamento anche nella nostra concreta vita reale. Ci rivolgiamo, infatti, a contenitori più o meno grandi in altre situazioni che poco hanno a che fare con il gioco o con il divertimento. Il credente visita chiese che in realtà sono piene solo di immagini e arredi per avvicinarsi ad un divino assolutamente immateriale contenuto in un tabernacolo che in realtà è vuoto, visitiamo cimiteri , portiamo fiori a tombe anch’esse ormai vuote. Gli immateriali sentimenti come l’amore e l’odio li conserviamo nel nostro cuore, la rabbia in un pugno chiuso, i sogni in un cassetto, la nostra testa può essere vuota o piena di splendide idee. Da queste riflessioni è nata un’opera del successivo ciclo intitolato Divinità: Il Dio che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo, nella quale, in una cappella vicino al mare qualcuno ha poggiato un mazzo di fiori pur essendo, come si può questa volta agevolmente vedere, assolutamente vuota.
Lino Fois


 



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